Fra i libri che i correttori di bozze comprano per vezzo professionale, dal 2007 figura Il correttore di bozze di Francesco Recami, Sellerio. Anche noi lo abbiamo letto.
Letterariamente parlando, dobbiamo confessare che ci ha lasciati un po’ perplessi: non che sia mal scritto, ma… insomma, non ci è sembrato nemmeno troppo convincente. Ciò detto, crediamo che quelli “del mestiere” soddisferanno, nel leggerlo, più d’una perversa velleità di autorappresentazione, frustrazioni e ossessioni comprese.
Contratti precari, pretese funamboliche, caporedattori arroganti, autori permalosi, orari di consegna, matite e penne rosse, simboli e tariffe. C’è un po’ tutto il mondo dei redattori disseminato nelle pagine di questo strano noir. Incluse le bozze piene di refusi. Chi volesse fare un po’ d’allenamento si consideri sfidato!
«Che differenza c’è tra ibidem e ivi, oppure ibid.? Oppure fra op. cit. e semplicemente cit.?
Il correttore sapeva che l’attenzione a queste cose era molto diminuita nel corso degli anni. E al tempo stesso era diminuito il prestigio sociale di chi faceva quel mestiere. Una volta, un giorno che era di umore veramente nero, era arrivato a inveire, fra sé e sé, contro coloro che esigono che si scriva a se stante, invece che a sé stante.
“Ma chi se ne frega?” Pensava a proposito della questione. Oppure “chissene frega” e perché no “chissenefrega”?»
[…] il gusto del correttore o suscitarne l’identificazione con il protagonista (vedere qui, qui, qui e qui). È la volta di Le mille luci di New York, di Jay […]