Qual è il margine di intervento dell’editor? Quanto possiamo sentirci liberi di affondare il coltello nelle parole di un altro?
Dipende. Dipende naturalmente da qual è il livello di intervento richiesto dal committente: un editing preliminare con carta bianca o un primo giro di bozze? Dipende inoltre dallo stato del testo, dalle esigenze del mercato, dalla disponibilità dell’autore, dal buon senso.
Qualunque intervento, anche massiccio, deve essere giustificato (e giustificabile) secondo un principio unitario e condivisibile, deve essere chiaramente migliorativo e deve conservare lo stile dell’autore senza tradire lo stile che l’editor avrebbe usato per scrivere quel libro. Un equilibrio difficilissimo.
Ma al di là del dovere e della professionalità, quale correttore di bozze può dire di non aver mai accarezzato deliri di onnipotenza? Un sogno inconfessato: poter prendere il libro che si corregge per il collo e cambiarlo, far fare al personaggio che ci innervosisce una fine ingloriosa, ribaltare il punto di vista che tanto cozza con le nostre idee politiche, spostare la trama avanti di duecento anni, disfare il lieto fine e punire l’ingenuità dello scrittore con una chiusa sanguinolenta…
Ebbene, a chi in questo istante sta abbassando lo sguardo sentendosi improvvisamente sotto accusa consigliamo una lettura profondamente catartica.
Si tratta di Storia dell’assedio di Lisbona di Saramago (Einaudi). La vicenda di un revisore (così viene chiamato) che non può fare a meno di infilare, nel testo che sta correggendo, un “non” che cambierà l’intera storia. Quella del libro e la sua. Lui non verrà licenziato e ne ricaverà anzi qualcosa di buono. Voi, quantomeno, potrete riversare su un personaggio libresco le vostre pericolose fantasie lavorative!
“Non farò una cosa simile, e per quale motivo la farebbe, un revisore è una persona seria nel suo lavoro, non scherza, non è un prestigiatore, rispetta quello che è stabilito in grammatiche e prontuari, si basa sulle regole e non le modifica, obbedisce a un codice deontologico non scritto ma imperioso, è un conservatore obbligato dalle convenzioni a nascondere le proprie voluttà, i propri dubbi, se talvolta ne ha, se li tiene per sé, figurarsi se metterà un no dove l’autore ha scritto sì, questo revisore non lo farà. […]
I revisori, se potessero, se non fossero legati mani e piedi da un insieme di proibizioni più autorevoli del codice penale, saprebbero cambiare il mondo, instaurare il regno della felicità universale […] perché loro farebbero tutto con il semplice cambiamento delle parole.”
come avete ragione!! talvolta sarebbe così bello non avere limiti e non dover spiegare le proprie scelte agli autori, ma semplicemente prendere in mano quel testo così goffo e ribaltarlo sotto-sopra, sconvolgerlo e rifarlo traducendolo in un italiano leggibile!
mi procurerò senza dubbio il libro che consigliate, grazie!
non c’è di che!
Posso? No, non direi di avere mai avuto deliri di onnipotenza – almeno non tali da portarmi a stravolgere gli autori – ma sicuramente deliri di ipercorrettivismo, di intervento a gamba tesa, di quello-che-sempre-ragione (e che grazie al cielo ce l’ha effettivamente pressoché quasi sempre…)…
[…] penale del redattore, la recidiva è guardata con sospetto… Chi non avesse ancora letto Storia dell’assedio di Lisbona vi troverà un famoso errata […]
leggerò il romanzo…
[…] il gusto del correttore o suscitarne l’identificazione con il protagonista (vedere qui, qui, qui e qui). È la volta di Le mille luci di New York, di Jay […]
[…] Saramago, Storia dell’assedio di Lisbona, […]